La lettera di Bersani  "La Repubblica"  8 aprile 2013
Caro direttore, 
nell`articolo domenicale di Eugenio Scalfari, insieme 
con tante considerazioni che mi trovano d`accordo, 
c`è un passaggio che mi offre l`occasione di una 
precisazione. Scalfari scrive: «Non condivido la tenacia 
con cui Bersani ripropone la sua candidatura». 
L`osservazione è inserita, al solito, in un contesto amichevole 
e rispettoso di cui ringrazio Scalfari. Devo registrare 
tuttavia che una valutazione simile si fa sentire 
anche in contesti ben meno amichevoli. Nelle critiche 
aggressive e talvolta oltraggiose di questi giorni, 
nelle inesauribili e stupefacenti dietrologie, e perfino 
nelle analisi psicologiche di chi si è avventurosamente 
inoltrato nei miei stati d`animo, non è mai mancata 
la denuncia verso una sorta di puntiglio bersaniano. 
Ecco dunque l`occasione per precisare. La proposta 
che ho avanzato assieme al mio partito (governo 
di cambiamento, convenzione per le riforme) non è 
proprietà di Bersani. Ripeto quello che ho sempre 
detto: io ci sono, se sono utile. Non intendo certo essere 
di intralcio. Esistono altre proposte che, in un 
Paese in tumulto, non contraddicano l`esigenza di 
cambiamento e che prescindano dalla mia persona? 
Nessuna difficoltà a sostenerle! Me lo si lasci dire: 
per chi crede nella dignità della politica e conserva 
un minimo di autostima, queste sono ovvietà! È forse 
meno ovvio ribadire una mia convinzione 
profonda, cui farei fatica a rinunciare. Il nostro Paese 
è davvero nei guai. Si moltiplicano le condizioni 
di disagio estremo e si aggrava una radicale caduta 
di fiducia. Ci vuole un governo, certamente. Ma un 
governo che possa agire univocamente, che possa 
rischiare qualcosa, che possa farsi percepire nella 
dimensione reale, nella vita comune dei cittadini. 
Non un governo che viva di equilibrismi, di precarie 
composizioni di forze contrastanti, di un cabotaggio 
giocato solo nel circuito politico-mediatico. In 
questo caso, predisporremmo solo il calendario di 
giorni peggiori. 
Sempre più disorientato! Quindi come ne usciamo?
RispondiEliminaConcordo che "un governo che viva di equilibrismi, di precarie composizioni di forze contrastanti, di un cabotaggio giocato solo nel circuito politico-mediatico" non serve al paese e sarebbe dannoso.
Ma come possiamo fare un governo diverso se i numeri per un governo di "cambiamento" non ci sono?
Ditecelo perchè noi lontani dai palazzi romani non lo capiamo proprio.
Nel frattempo le famiglie si impoveriscono, si trovano senza lavoro e non si vede all'orizzonte nessuna prospettiva di miglioramento. Certo che le soluzioni non sono facili ma continuare ad enunciare buoni propositi serve ancora meno di un governo provvisorio.